martedì 24 gennaio 2012

ANTONIO PRETE/ Decennale di ZIBALDONI "Letteratura e democrazia"

ANTONIO PRETE/ Decennale di ZIBALDONI
Letteratura e democrazia
di Antonio Prete
       Una premessa: quale democrazia?

      
Diciamo democrazia, e sappiamo che si tratta, ogni volta, di forme incompiute, imperfette, approssimate di democrazia, forme nelle quali trascorrono contraddizioni e ambiguità. Diciamo democrazia, e sappiamo come il consenso e la persuasione siano prodotti attraverso il controllo dei mezzi di comunicazione. Diciamo democrazia, e  osserviamo la diffusa passività nei confronti di modelli e di opinioni dominanti, riconosciamo stili di sopraffazione, strategie di esclusione, reti di organizzato egoismo. Da Leopardi a Baudelaire a Pasolini la letteratura ha denunciato i modi del conformismo, dell’omologazione, dell’asservimento alle mode. La centralità dell’opinione e del danaro è per il Leopardi dei 111 Pensieri il tratto distintivo della moderna civiltà, una civiltà peraltro  fondata sull’astrazione dai corpi, dalla singolarità senziente dei corpi (“le masse, questa leggiadrissima parola moderna”, esclama Tristano nelle Operette morali, e delle masse dice più oltre: “che cosa sieno per fare senza individui, essendo composte d’individui, desidero e spero che me lo spieghino gl’intendenti d’individui e di masse…”). Leopardi non scrive in epoca democratica ma conosce le istanze intellettuali dei “democratici” del suo tempo, la loro enfasi progressiva.
      Certo, democrazia è anche tempo-spazio dei diritti, rete di garanzie per l’individuo e le comunità, mappa di relazioni sociali e istituzionali che assicurino dignità e lavoro.  Proprio perché questa linea ideale trovi un suo tempo storico, una sua edificazione, occorre non rimuovere quel che ci viene dalla letteratura praticata in tempi di sospensione o cancellazione delle forme democratiche, in tempi di censura e di dittatura. Le scritture nate nella condizione di esilio e di persecuzione, la grande meditazione sul tragico, la narrazione e la poesia che  hanno portato nel loro ritmo, nel cuore delle loro sillabe, la ferita e il fumo della distruzione non possono essere un gelido capitolo di una storia che più non ci appartiene.  Sono respiro del nostro tempo. Perché il tragico pulsa anche nella nostra epoca. L’esilio è una condizione interiore. E la violenza distruttiva continua nella presenza assidua delle guerre, e gli stili di sopraffazione permangono nei rapporti tra i soggetti. [...]

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