giovedì 22 novembre 2012

Cantata greca. Uno spettacolo di Moni Ovadia da due poemi di Yiannis Ritsos / traduzione di Nicola Crocetti







Il poeta francese Louis Aragon, quando lesse il poema Epitaffios di Ritsos – un poema in forma di mirologio, lamento straziato e lirico di una madre sul corpo del figlio adolescente assassinato dalla polizia del tiranno Fascista Metaxas nel 1936 – ne rimase così impressionato che dichiarò: Ritsos è il più grande poeta del suo tempo. Una simile affermazione apodittica non pretende di rivelare una verità, ma erompe da un flusso di emozioni che evidentemente non sorge solo da una valutazione estetica ma coglie il senso profondo e dirompente di una personalità artistica, culturale, umana e politica di eccezionale caratura. In questo senso la perentoria affermazione di Aragon è assolutamente condivisibile. [...] 
(Moni Ovadia)
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«Per molti anni nel secondo Novecento la poesia neogreca s’identificò anzitutto con il nome di Yiannis Ritsos (1909-1990), una delle voci più note della sinistra internazionale, e grazie ai suoi molti volumi di versi senz’altro la più prolifica.
Poeta di straordinaria facilità creativa, capace di forgiare immagini a partire da qualunque esperienza quotidiana, anche la più comune e insignificante, Ritsos abbandonò ben presto i modi del tardo simbolismo per farsi cantore di istanze proletarie e civili, destinate già dal 1936 a una circolazione ristretta o problematica a causa della notoria censura di Metaxàs.
Fu durante la guerra, e poi nel corso del conflitto civile che insanguinò la Grecia nel 1945-49, quindi ancora sotto il regime autoritario di Aléxandros Papagos e infine sotto la dittatura dei colonnelli (1967-74), che Ritsos acquisì un timbro proprio, di alta levatura civile e sociale, pagando con ripetuti confini, censure e angherie la propria fede ideologica e la propria fede nell’uomo. [...]
(da: Poeti Greci del Novecento, a cura di Nicola Crocetti e Filippomaria Pontani, Milano, Meridiani Mondadori, 2010)
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