riformismi
Divisi solo in Italia
di Luca Cefisi
Quando abbiamo iniziato a preparare questo numero non avevamo ancora previsto come le forze del centrosinistra italiano avrebbero affrontato la nuova sfida al sempiterno Berlusconi. La nostra intenzione era di offrire ai lettori l’occasione di prendere parte al processo di consultazione che il Pse ha lanciato in tutta Europa, proponendo agli elettori e ai militanti una discussione che può avvenire per via telematica (http://manifesto2009. pes.org/en, dove si possono reperire i testi integrali) o attraverso riunioni organizzate dai partiti aderenti al Pse o con pubblicazioni come questa. Il Pse si è trasformato negli ultimi anni da una semplice confederazione di partiti nazionali a forza politica che occupa in maniera sempre più coesa il campo europeo. Con il Trattato di Lisbona aumentano i poteri del Parlamento europeo e si amplia il campo d’azione della Ue, che avrà una sua politica estera. Si avverte sempre più che l’Europa tecnocratica, quella che si era identificata nel mercato unico e nella moneta unica, entra adesso nella fase in cui deve essere affrontato il deficit di democrazia. Spetta quindi ai partiti europei di modellare una dimensione nuova della politica europea, direttamente in contatto con i cittadini. Bene o male, nel 2006, l’Unione guidata da Romano Prodi aveva dato agli elettori italiani anche questo messaggio: riportare l’Italia in Europa,dopo l’insostenibile provincialismo di Berlusconi, che dava del kapò a un socialdemocratico tedesco, per non parlare di Bossi e compagnia. L’Unione di Prodi era stata assai apprezzata, non soltanto nella socialdemocrazia europea ma anche presso molti popolari e liberali, perché se basso è l’interesse al di là delle Alpi per le tante sofisticherìe della politica italiana, alto era quello a tenere Silvio Berlusconi fuori dalla stanza dei bottoni di un grande Paese europeo. Oggi, 2009, il centrosinistra si divide in tre campi,Veltroni-Di Pietro, Sinistra arcobaleno e Partito socialista, con una frattura nel campo riformista osservata con silenzioso imbarazzo dai nostri compagni europei.
Del resto, il Pd sembra aver espulso del tutto la politica europea dalla sua comunicazione,
sostituendola con qualche americanismo mediatico: il massimo che si trova nel suo programma, è l’intenzione di «far convergere le principali forze politiche del Paese» per una «idea condivisa nelle scelte internazionali». Ci sembra un po’ poco, rispetto alla linea di sviluppo che trasforma i problemi politici in punti di scontro e incontro tra ben definiti schieramenti trasnazionali che si aggregano sulla base di valori e programmi, come chiaramente indicato dall’articolo di Poul Nyrup Rasmussen qui accanto (1). È anche curioso che la Sinistra arcobaleno, che Bertinotti guiderà con mano sicura verso la Sinistra unita europea (e i verdi, e gli ex-Ds, che faranno allora ?) si dichiari «zapaterista». Non c’è un partito zapaterista, in Spagna, c’è un partito socialista, di nome e di fatto: c’era prima di Zapatero e ci sarà anche dopo. Un partito socialista rimane utile anche all’Italia. Non si tratta qui di ammannire della propaganda elettorale ai lettori de “Le ragioni del socialismo”, tutti maggiorenni e politicamente avvertiti, e probabilmente distribuiti un po’ in tutte le formazioni politiche del centrosinistra: ma ci si chiede,dopo la purtroppo prevedibile vittoria di Berlusconi, favorita anche dalle fratture provocate nel riformismo italiano, se, dopo il voto, la questione socialista, nella sinistra italiana, non rimarrà più aperta che mai.
Le Nuove Ragioni del Socialismo
Luca Cefisi: Riformisti, divisi solo in Italia
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